sábado, 5 de fevereiro de 2011

Benvenuti al Sud: Recensione in Anteprima




Benvenuti al Sud (Ita, 2010) di Luca Miniero; con Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Nando Paone, Giacomo Rizzo, Teco Celio, Fulvio Falzarano, Nunzia Schiano, Alessandro Vighi, Francesco Albanese, Salvatore Misticone, Riccardo Zinna, Naike Rivelli

Due anni fa la Francia intera si è riversata in sala per vedere Bienvenue chez le Ch’tis, film fenomeno scritto, diretto e interpretato da Dany Boon, entrato nella storia del botteghino transalpino dopo aver incassato qualcosa come 120 milioni di euro. Arrivato in Itaia con il titolo di Giù al Nord, il film torna ora nei cinema grazie al remake italico, Benvenuti al Sud.
Diretto da Luca Miniero, e con Claudio Bisio nei panni del protagonista, Benvenuti al Sud segue esattamente la trama del cugino francese, gag comprese, portando al cinema clichè e stereotipi della Penisola, divisa tra ‘terroni’ e ‘leghisti’, convinti che il Sud Italia sia Bologna. Senza raggiungere i livelli dell’originale, il remake targato Medusa diverte, alternando pregi e difetti esattamente come fatto dalla pellicola di Boon, giocando sapientemente con i luoghi comuni tipici dell’italiano medio, finendo per dare l’immagine di un paese pronto ad abbattere muri e barriere sociali, cavalcando così lo stesso populismo che in parte ha contribuito al boom di Bienvenue chez le Ch’tis. E in tempi di scuole pubbliche trasformate in ’sedi di partito’, con Sindaci che vietano l’Inno di Mameli e Ministri della Repubblica che danno dei ‘porci’ a milioni di cittadini, se non è una bella boccata d’aria fresca poco ci manca…




Alberto da anni è responsabile dell’ufficio postale di una cittadina della Brianza, fredda e nebbiosa. Sotto pressione della moglie Silvia, il povero Alberto è disposto a tutto pur di ottenere il trasferimento a Milano, tanto da fingersi invalido per salire in graduatoria! Peccato che la furbata venga scoperta, finendo per causare una conseguenza devastante: trasferito sì, ma al Sud Italia, vicino Napoli. Un incubo in piena regola per il povero Alberto, accecato dai pregiudizi e pronto a partire all’avventura, senza moglie e figli, ovviamente rimasti al Nord. Arrivato a destinazione, Alberto scoprirà con sua immena sorpresa un paesino bellissimo, popolato da gente cordiale, ospitale sorridente e solare, tanto da dover mentire alla moglie, diventata più affettuosa nei suoi confronti da quando lo crede nel ‘paese della camorra’…


Ogni paese ha nord e sud, ogni paese è attraversato da luoghi comuni e diffidenza, ogni paese ha la sua ‘Lombardia’ e la sua ‘Campania’. Se in Francia erano quelli del Sud a vedere come ‘terroni’ quelli del Nord, in Italia la situazione ovviamente si ribalta, con tutte le conseguenze del caso. Trasformare la commedia di Boon, rendendola fruibile per il mercato italiano, era tanto semplice quanto rischioso. D’altronde viviamo in un paese che da decenni, anche a livello governativo, alimenta stereotipi sociali tra nord e sud, con una visione ovviamente distorta e volutamente malata della realtà. Per Massimo Gaudioso, già coautore del copione di Gomorra, e Luca Miniero, regista del film, è stato così abbastanza naturale prendere lo script scritto e diretto da Boon per rivederlo e correggerlo.
Tralasciando gli eccessi e il populismo becero, presenti in massa anche nella pellicola originale, il remake di Miniero nel suo piccolo funziona. I due protagonisti, Bisio e Siani, non raggiungono i livelli dei due attori originali, ovvero l’irresistibile Kad Merad e lo stesso Dany Boon. Se Bisio più o meno convince, è Siani a deludere, non riuscendo praticamente mai ad andare oltre ad un’unica espressione del viso. Aiutato dal suo napoletano a tratti irresistibile, l’attore è affiancato da un cast di comprimari sicuramente più in palla di lui. Basti pensare a Nando Paone e a Giacomo Rizzo, senza dimenticare la procace Valentina Lodovini, bella e brava attrice che il cinema italiano non vuole proprio far decollare. Eccessivamente macchiettistica e a tratti quasi ridicola, come quando all’inizio chiede uno scontrino fiscale ad un venditore ambulante di palloncini, risulta invece Angela Finocchiaro, vista in parti decisamente più riuscite.
Omaggiato Boon con una piccola ed inattesa comparsata, il film, che ovviamente gioca come fatto dal ‘cugino’ con i dialetti, ma senza quasi mai toccare l’ilarità delle storpiature linguistiche del titolo francese, prova a riunire almeno simbolicamente un paese politicamente lacerato, tra terroni e lumbard, regalando un finale alla ‘volemose bene’ tanto scontato, quanto ‘piacevole’, considerando soprattutto i cupi tempi che da anni ci avvolgono e tolgono il fiato. Un vero e proprio frullato di pregiudizi, con un richiamo alla tipica commedia napoletana di Eduardo De Filippo, tra momenti morti e altri indubbiamente esilaranti, legati dall’evidente intenzione di rappresentare non solo la realtà del Sud Italia bensì quella dell’Italia intera, paese tanto spaccato quanto unito. Per chi non ha mai visto l’originale una probabile e piacevole sorpresa, mentre per tutti gli altri un evidente e marcata sensazione di ‘già visto’. Due consigli ad entrambi: recuperare la pellicola francese per i primi, provare a godersi anche il remake, giustificatamente e al tempo stesso fastidiosamente populista, per tutti gli altri.
FONTE:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L'idea vincente di "benvenuti al Sud" promuove 'Provincia di Salerno Film Commission'


 
 
Ferraioli (Noi Sud) dopo l’esperienza di ‘Benvenuti al Sud’ creare la ‘Provincia di Salerno Film Commission’

Un organo per la promozione dell'immagine di Salerno e la sua provincia attraverso i mezzi audiovisivi in tutto il mondo. E’ questa l’idea lanciata dal vice coordinatore di ‘Noi Sud’, Rosanna Ferraioli, che dopo la felice esperienza di ‘Benvenuti al Sud’, la pellicola girata nel Cilento, chiede alle istituzioni locali di costituire la ‘Psfc’, la ‘Provincia di Salerno Film Commission’, un’associazione culturale no-profit che avrebbe come obiettivo principale la promozione del territorio, della città capoluogo e di tutta la provincia, attraendo produzioni sia italiane che straniere e allo stesso tempo incentivando lo sviluppo dell'industria cinematografica sul territorio creando nuove opportunità di business.




 


“Sempre più organizzazioni legate al cinema si affidano alle varie ‘Film Commission’ sparse in tutta la Penisola per ottenere informazioni, servizi, vantaggi ed agevolazioni legati alla produzione cine-televisiva sul territorio nazionale e per assicurarsi una ormai consolidata esperienza ed affidabilità.



Con la nascita della “Provincia di Salerno Film Commission” potrebbe registrarsi uno straordinario incremento dell’occupazione nel settore dell’audiovisivo, ed è dimostrato che in altre zone del Paese, con l’attrazione di molte più produzioni cine-televisive, si è verificata una ricaduta economica di milioni di euro annui non considerando i vari benefici che ne ha ottenuto il settore turistico”.




 


Una Ferraioli con le idee chiare, spiega il progetto nei minimi dettagli: “L’obiettivo della “Film Commission” salernitana dovrebbe proporre l’adozione di possibili modelli o strutture snelle ed agevoli al supporto delle imprese locali e straniere operanti sul territorio provinciale. Sperando in un intervento istituzionale che lasci libertà alle iniziative locali integrative.



Per far sì che il sistema di incentivi e contributi, si inserisca in un progetto complessivo di decentramento e che dia vita a veri e propri nuclei di industria locale cinematografica e televisiva. Con questi strumenti la ‘Film Commission’ provinciale avrebbe davvero la possibilità di mobilitare con continuità forze e risorse, irrobustire le strutture, innalzare la qualità del servizio e acquisire nuove capacità operative anche nel campo della produzione, del marketing e della distribuzione”.



“Con la nascita della ‘Psfc’ cambierebbe la consapevolezza di essere un territorio non più facilmente sfruttabile per le sue bellezze, le sue diversità, ma una provincia capace di far valere i diritti e le dignità dei suoi lavoratori. Insieme alle produzioni che potremmo portare a Salerno e nei luoghi incantevoli della sua provincia potrebbero nascere e crescere i talenti nostrani e questo è meraviglioso”.

 
FONTE:





Benvenuti al Sud - Recensione

Era nel 2008 che abbiamo avuto modo di vedere Kad Merad nei panni del responsabile dell'ufficio postale di Salon-de-Provence Philippe Abrams, il quale, nel tentativo di ottenere un trasferimento in una città sulla costa al fine di andare anche incontro alle esigenze della moglie in preda alla depressione, si fingeva disabile per poi essere scoperto e ritrovarsi, paradossalmente, trasferito nel Nord della Francia, tra abitanti per lo più rozzi agricoltori, ubriaconi e caratterizzati da un dialetto incomprensibile.

Era nel divertente Bienvenue chez les ch'tis, distribuito nel nostro paese con il titolo Giù al Nord e diretto ed interpretato dallo stesso Dany Boon che ora ritroviamo in una breve apparizione in questo remake nostrano, del quale è anche produttore esecutivo.




Con Claudio Bisio al posto di Merad, assistiamo quindi al trasferimento di Alberto, responsabile dell'ufficio postale di una cittadina della Brianza, in un paesino della Campania, da lui ritenuta terra della camorra, dei rifiuti per le strade e dei "terroni" scansafatiche, ma che, con gran sorpresa, finisce per rivelarsi un luogo affascinante e caratterizzato da una popolazione ospitale.

E, mentre Angela Finocchiaro veste i panni di Silvia, moglie di Alberto rimasta al Nord, è un ottimo Alessandro Siani a prendere il posto di Boon nella parte di Mattia, simpatico collega supportato anche dall'uomo per riconquistare la bella Maria alias Valentina Lodovini.

Ma provvedono i veterani Giacomo"L'amico di famiglia"Rizzo e Nando"Bomber"Paone a completare il cast di bravi attori di questo rifacimento che, recuperando dall'originale le esilaranti incomprensioni verbali dovute alle differenze di dialettica, ne trasforma il contrasto Sud-Nord in un rapporto Nord-Sud inserito nell'ottica dell'incontro-abbraccio-riconciliazione.

Quindi, con Mattia che, anziché essere un suonatore di campane come il personaggio della pellicola francese, si presenta quale esperto di fuochi d'artificio, abbiamo confronti tra mozzarella e gorgonzola e Alberto che scende nella località campana, in maniera decisamente grottesca, indossando un giubbotto antiproiettile e pensando di spalmarsi addosso per precauzione una crema solare protezione 50.




Per il resto, lo script, che porta qui la firma del Massimo Gaudioso di Gomorra (2008), rimane piuttosto fedele a quello del lungometraggio da cui prende le mosse, regalando non poche occasioni per ridere e permettendo al regista Luca Miniero, già apprezzato per Incantesimo napoletano (2002) e Nessun messaggio in segreteria (2005), diretti insieme a Paolo Genovese, di costruire i 102 minuti di visione con grande padronanza della macchina da presa e notevole senso del ritmo narrativo.

Senza mai scadere nei cliché tipicamente tirati in ballo quando si fa ironia sui napoletani, fino all'epilogo sulle note di O' sole mio, la quale conferisce un certo lirismo ad una rilettura che risulta anche più frizzante e riuscita del già apprezzabile film di Boon.

FONTE:






Le film s’appelle Benvenuti al Sud.

Le film s’appelle Benvenuti al Sud. Ce n’est pas un remake italien de Bienvenue chez les Ch’tis, mais la transposition littérale du film de Dany Boon. Seule différence : le voyage se fait cette fois du Nord au Sud, le personnage principal étant muté de Lombardie à une bourgade près de Naples, après avoir vainement, et malhonnêtement, intrigué pour être nommé à Milan. Réalisé par Luca Miniero, le film est interprété par Luca Bisio dans l’emploi précédemment tenu par Kad Merad, le personnage étant rebaptisé Alberto. Lequel Alberto s’attend évidemment à ne trouver sur les lieux de sa nouvelles affectation que brutes demeurées, mafieux sanguinaires et montagnes d’ordures dans les rues. Ce postier-là rencontrera à son tour des braves gens dans un paysage de rêve, mais devra ensuite user de subterfuges envers sa femme, convaincue qu’il risque sa vie chaque jour dans une contrée barbare. On l’a compris, le film suit pas à pas les mêmes péripéties qui ont valu un triomphe à Bienvenue chez les Ch’tis, avec ses plus de 20 millions d’entrées en France, soit le plus grand succès de tous les temps pour un film français.


La bande annonce de Benvenuti al Sud



Le film de Dany Boon est donc désormais devenu une sorte de franchise internationale, Boon faisant d’ailleurs une brève apparition chez ses confrères ultramontains, en ch’ti de passage dans le Mezzogiorno. D’autres transpositions sont en projet, dont une aux Etats-Unis, avec Will Smith. Et Benvenuti al Sud, sorti la semaine dernière, est d’ores et déjà à son tour un énorme succès commercial dans son pays. Sans probablement pouvoir égaler les records historiques de son grand frère français, il obtient une fréquentation très supérieure à ce que tout le monde attendait, y compris ses producteurs.



Grand bien leur fasse à tous, serait-on tenté de dire. Sans doute. Mais ce succès, qui pourrait très bien être réitéré dans d’ autres contextes, raconte aussi autre chose. Il témoigne combien se sont trompés ceux qui ont vu dans Bienvenue chez les Ch’tis une mise en scène attentive aux singularités de la France actuelle– soit l’explication de la grande majorité des chroniqueurs de la victoire foudroyante du film au box office. En avons nous lu et entendu, des commentateurs qui ont cru pouvoir expliquer son triomphe par cette finesse d’analyse. En ce cas, il aurait fallu que la version italienne comporte de sérieuses variantes. En effet les différences sont considérables entre les deux pays, précisément sur les soi-disant enjeux de société du scénario. Rien n’est plus éloigné que le rapport au régional et au local tel que vécu en France et en Italie, tout comme les rapports à la nation, et la vérité de ce qui existe comme représentations (elles-mêmes fantasmatiques, mais pas les mêmes fantasmes) du Nord de la France pour le reste des Français et du Sud de l’Italie pour les autres Italiens.



 

Si Bienvenue chez les Ch’tis peut si bien être cloné en Italie (et ailleurs), c’est qu’en fait il ne disait rien de précis sur le Nord de la France, ou sur la relation nation/région, ou sur le rapport contemporain à la mobilité à l’intérieur de la France, ou sur quoique ce soit de genre. Il ne faisait qu’agencer avec une habileté extrême, et même un talent certain, des stéréotypes qui n’ont aucune pertinence sociologique particulière. Le film de Dany Boon était extraordinairement efficace, son score au box-office l’atteste. Mais comme symptôme des réalités de ce pays, il était sans intérêt – et il faut beaucoup de paresse pour se contenter de l’équation à zéro inconnue « succès commercial = richesse de sens ».



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